Nella primavera del 2017, il ristorante MA di Legnano ha cambiato pelle. Nuovo chef, nuovo concept di cucina ma identica missione, ovvero quella di trasmettere ai propri clienti un’esperienza sensoriale capace di coinvolgerli, di trasportarli, in un viaggio del gusto. Al timone di questo viaggio è stato chiamato il nuovo chef Mauro Ranieri, professionista giovane ma con un importante percorso formativo e una solida esperienza alle spalle.

Nato trent’anni fa in provincia di Pavia, Ranieri, dopo avere conseguito il diploma all’Istituto Alberghiero di Salsomaggiore Terme, si è perfezionato all’ALMA di Colorno, la scuola internazionale di cucina italiana nata per volontà di Gualtiero Marchesi. Ottenuta la specializzazione, Ranieri si trasferisce in Franciacorta a Erbusco per svolgere un intenso stage formativo proprio alla corte del Maestro della cucina italiana.

 

 

Dopo l’esperienza all’Albereta di Erbusco (che sarà cruciale nella sua formazione), Ranieri inizia a lavorare in alcuni dei più prestigiosi ristoranti di Milano come ad esempio il Savini (una vera e propria istituzione nel panorama della ristorazione meneghina) per approdare finalmente al MA ristorante di Legnano, dove la proprietà lo ha individuato e scelto per affidargli la responsabilità della cucina del nuovo corso.

“Ho deciso di accettare la loro proposta e di lanciarmi in questa bella sfida – ci racconta lo stesso Ranieri – perché ho condiviso fin dal primo momento il progetto che, per come mi è stato presentato, mi consentiva di esprimere al meglio le mie scelte di cucina.”

Come è stato il suo impatto con la realtà di Legnano e quanto è stato complesso dare ad un ristorante già affermato una nuova identità?

“Si in effetti ho preso in carico la responsabilità delle cucine al MA quando il ristorante aveva una sua fisionomia ben definita che però era molto lontana dalla mia sensibilità. Quindi molte cose le ho volute cambiare senza però sconvolgere tutto per evitare di spiazzare il pubblico di frequentatori abituali. Fin da subito, ad esempio. abbiamo scelto di voler dare l’immagina di una cucina molto tranquilla e rispettosa della tradizione. Una cucina semplice e ben fatta che non stravolgesse quelle che sono le tradizioni gastronomiche a cui è legato il pubblico legnanese e che valorizzasse al massimo la qualità degli ingredienti selezionati.”

E’ stata una scelta fatta d’istinto oppure il frutto di una fase di sperimentazione?

“Direi di sì, vale la prima ipotesi. È stata una scelta quasi immediata. Anche se appena arrivati abbiamo provato ad inserire in menu qualche piatto più complesso. più nuovo e più fresco ma ci siamo resi conto che il pubblico preferiva una impostazione classica. Tuttavia non abbiamo rinunciato del tutto a stimolare l’interesse della nostra clientela verso proposte un po’ meno convenzionali e infatti una piccola parte dei nostri menu (quello autunnale attuale è il secondo firmato dalla nuova gestione ndr) mantiene sempre qualche piatto un po’ più di ricerca ma per la maggior parte abbiamo deciso di proporre una cucina che io amo definire “semplice”, che non è sinonimo di facile ma piuttosto di rispetto per una prassi di cucina più consolidata tesa a valorizzare i sapori degli ingredienti alla base di un piatto piuttosto che cercare esperienze gustative lontane dalla tradizione classica. Certo i nostri clienti non sono tutti uguali. E quando capita – per la verità anche abbastanza spesso – che uno di loro preferisce scegliere uno di questi piatti più innovativi poi alla fine ne rimane colpito e favorevolmente impressionato e questo ci dà fiducia che senz’altro, con il tempo, educando il cliente verso nuove frontiere del gusto, sarà possibile osare di più”.

 

 

Se dovesse darci una definizione della cucina del MA?

“Direi che si tratta di un gran bel classico dove, e qui volutamente mi ripeto, la ricerca della semplicità e della qualità vanno di pari passo per elaborare una proposta raffinata che ogni tanto non manca di qualche richiamo alle molteplici fonti di ispirazione internazionali che hanno fatto parte del mio percorso formativo ma che rimane ben radicata alla classicità della cucina italiana.”

Ci sono dei piatti che lei ama in modo particolare, oppure che vuole segnalare ai nostri lettori perché sono rappresentativi del suo modo di vedere la cucina?

“Diciamo che il piatto che mi ha segnato di più e che ritengo uno dei miei piatti bandiera e punto cardine della mia cucina è certamente il risotto. È un piatto che amo profondamente prima di tutto perché fa parte della mia storia personale perché sono nato in provincia di Pavia dove il riso è di casa da sempre. Quella del risotto è una preparazione che mi ha affascinato da sempre anche per l’estrema duttilità di combinazioni che consente. In questo momento, ad esempio, abbiamo in carta il classico risotto con funghi porcini, un risotto con barbabietola e gorgonzola (Risotto mantecato alla barbabietola con crema di gorgonzola dolce e cubi di pera) e uno con la zucca e i calamari (Risotto alla crema di zucca con riduzione di melograno e calamaretti alla piastra). I miei risotti partono sempre dal valorizzare prodotti di stagione e del territorio ai quali talvolta amo accompagnare ingredienti che richiamano un gusto più internazionale.”

 

 

A parte il fatto che il riso le ricorda la cucina di casa, ci sono altri motivi per cui è così legato a questo piatto?

“Penso che un ruolo importante nel formare la mia passione per questo piatto l’ha avuto senz’altro la mia prima esperienza in una cucina importante, quella di Gualtiero Marchesi a Erbusco, Li il risotto non solo era di casa ma la tecnica di preparazione, sviluppata dal Maestro in tanti anni di pratica, era arrivata a raggiungere un livello di semplicità ed essenzialità assolute. La preparazione del risotto da Marchesi era un vero rito e tutto questo mi è entrato nel sangue.”

 

 

Quali altri piatti della carta attuale ci vuole segnalare?

“Per esempio abbiamo il classico Mondeghilo di vitello, uno dei piatti simbolo della cucina milanese. Noi i mondeghili (che altro non sono che polpette preparate con carne di vitello) li prepariamo nel modo classico e li serviamo adagiati su una crema di riso allo zafferano e con sopra un uovo di quaglia cereghina.

Poi abbiamo il Mare Monti del MA, ovvero una capasanta e funghi porcini cotti alla plancia e serviti su crema di piselli, salsa ai gamberi e uova di salmone. Ancora mi piace segnalare i tantissimi piatti a base di pesce perché qui nell’Alto Milanese c’è proprio la cultura di mangiare il pesce al ristorante e quindi si ha a che fare con un pubblico particolarmente sensibile non solo al gusto dei piatti ma anche alla qualità della materia prima. Qui è veramente difficile fare una scelta ma potrei segnalare fra gli antipasti il nostro Crudo Reale.

Scampo, gambero rosso, ostrica, tonno, baccalà, riccio di mare, capasanta, salmone, fra i primi invece le Linguine con ricci di mare e polvere di caffè e infine come secondo il Trancio di San Pietro con radicchio stufato, patate al rosmarino e uva fresca oltre naturalmente al classico fritto che è sempre uno dei piatti più richiesti.
Per quanto riguarda i secondi di carne mi piace segnalare il Maialino cotto a bassa temperatura: noi lo serviamo su una crema di zucca e accompagnato con castagne e finferli.”

 

 

Un vero e proprio inno all’autunno… ma veniamo adesso agli ingredienti e alle materie prime che utilizzate in cucina. Da dove arrivano e come vengono scelte?

“Non c’è una provenienza specifica. Possiamo dire che in questo caso l’elemento centrale è la mia esperienza. Sono io che scelgo, assaggio e acquisto gli ingredienti che utilizzo poi in cucina. Dai fornitori ci vado di persona e voglio vedere e toccare con mano il prodotto prima di sceglierlo. Detto questo però, laddove è possibile, cerchiamo sempre di utilizzare fornitori e prodotti del territorio. Ad esempio qualche settimana fa abbiamo organizzato una serata speciale dedicata al bollito dove abbiamo utilizzato le carni della macelleria Colnaghi di Legnano rinomata per la sua selezione delle migliori carni lombarde e da tutto il mondo.. Direi anzi che proprio la modalità di selezione delle materie prime è uno degli aspetti che più ci differenzia rispetto alla precedente gestione”.


Un suggerimento per capire meglio la sua cucina?

“Certamente il modo migliore per capire la mia cucina è venire qui al MA e provarla. Fra l’altro c’è anche la possibilità per chi lo desidera di affidarsi direttamente a me visto che ogni sera propongo una degustazione a “mano libera” di cinque o sei portate (rispettivamente a 50 e 60 euro) di piatti di terra e di mare. Una proposta creata giorno per giorno sulla base di quanto di meglio trovo quotidianamente dai miei fornitori.

Un altro consiglio che posso darvi è di partecipare alle serate speciali a tema che organizziamo periodicamente il martedì sera. Sono serate a tema con costi molto contenuti (quaranta euro) che facciamo proprio per farci conoscere anche da parte di un pubblico nuovo. Abbiamo organizzato la serata dedicata ai bolliti e la sera del 31 ottobre abbiamo proposto con successo la serata Halloween vestito di cioccolato e birra, il 14 novembre la serata dedicata al risotto e infine il 21 novembre una serata dedicata al tartufo e al barolo.

Ma voglio anche segnalare ai vostri lettori quattro brevi video ricette che tempo fa abbiamo girato proprio per il vostro Portale. Quattro piatti (un antipasto, un primo, un secondo e un dolce) che ho scelto proprio perché mi consentono di raccontare al meglio le mie modalità di operare in cucina.

Il primo Gamberoni in crosta di mandorle con purè di cavolfiore al profumo di limone prevede la preparazione dei gamberi e la frittura dopo averli passati nell’uovo e in una panatura alle mandorle. I crostacei vengono poi adagiati su una semplice crema di cavolfiore mantecata con un po’ di burro e aromatizzata al limone.

Il secondo piatto ovvero gli Gnocchi di patate viola con verdure prevede la preparazione degli gnocchi secondo la classica ricetta (patate, farina e uova) serviti su un fondo di burrata frullata con un sugo di verdure fresche saltate in padella in modo da ottenere una consistenza omogenea assieme a pezzi di pomodoro essiccato.

Il terzo piatto è Polpo con crema di patate, rucola e pomodoro crudo. Il polpo viene cotto con la tecnica della cottura confit nell’olio a bassa temperatura (80 gradi) per tutta una notte. E’ una tecnica di cottura che consente alla carne del polpo di conservare le sua struttura e di diventare molto più saporita. Prima di essere servito il polpo viene scottato in padella per dargli la giusta croccantezza e servito su una semplice crema di patate e cipolla cotta con brodo vegetale e accompagnato da due salse (una crema di rucola e una di pomodoro datterino).

Infine c’è il dolce la Tartelletta con mousse di gianduia e salsa di ciliegie e agrumi. La tartelletta di pasta frolla è preparata secondo la ricetta classica con la sola variante dell’aggiunta ulteriore di po’ di burro in più per renderla più friabile. Sopra la pasta ci va la mousse al gianduia e il dolce viene completato da una crema di ciliegie frullate a freddo con e profumate con scorza di agrumi.

Come si può vedere da queste ricette la mia filosofia di cucina è molto chiara, questi piatti, che facevano parte del nostro menu estivo, sono piatti che prevedono una elaborazione a bassa complessità che vuole conservare ed esaltare i sapori anche attraverso gli abbinamenti di gusti diversi ma sempre ben bilanciati, una cucina che punta a soddisfare il palato esaltando in semplicità e naturalezza i sapori di base piuttosto che cercare abbinamenti di particolari e avventati”.

Piergiovanni Mometto